Non sapere cosa dire e cosa fare. Una rabbia che ti riempie gli occhi di lacrime e ti fa stringere i pugni ma che non sai contro chi o contro cosa scagliarli. Un giornata calda e assonnata di fine maggio nella quale, nonostante la temperatura esterna, ti si raggela il sangue quando, in un’edizione straordinaria pomeridiana,i giornali pubblicano a titoli cubitali “AUTOBOMBA”.Sono passati venti anni esatti da quella notte. Da quella notte in cui una ferita non risargibile inferta al cuore di Firenze e dei fiorentini getta sangue. Cinque persone uccise. Due bambine, una di appena 50 giorni, alle quali fu impedito di vivere la propria vita, di conoscere le gioie e i dolori dell’adolescenza, i primi amori, le prime passioni, le lacrime e le gioie che la giovinezza ti riserva.Dio li stramaledica tutti. Stramaledica chi ha fornito l’esplosivo, chi ha confezionato la bomba, chi l’ha posizionata sotto la Torre del Pulci proprio alle spalle degli Uffizi e chi dette l’ordine di metterla. Tanti di loro sono già stati raggiunti dalla giustizia umana ancor prima che da quella divina, ma tanti altri, quelli più in ombra, quelli che le mani non se le sono mai sporcate direttamente ma le avevano più sudice degli esecutori e dei mandanti diretti, sono ancora liberi e magari continuano a percepire stipendi o pensioni statali di tutto rispetto.Come si può fare i conti con il nostro passato quando si ha la netta sensazione di avere accanto persone che sanno e non parlano? Come si fa ad avere fiducia in uno Stato che ancora si avvale di persone reticenti e che in quegli anni trattarono con la criminalità organizzata dandole una legittimazione che non doveva assolutamente avere?Sono passati venti anni, venti anni da una ferita che si riapre ogni volta che un fiorentino si trova a passare in via dei Georgofili. Via dei Georgofili non è una strada di passaggio, la devi per forza cercare e quando passi lì vicino diventa impossibile non fare una deviazione e fermarsi un attimo davanti alla Torre ricostruita. Tutte le volte lo stomaco si chiude, il cuore si stringe, ripensi a quei momenti e accarezzi la pietra grezza della Torre quasi a voler fare un’ultima carezza a Nadia e Caterina.Ma poi, una volta passata la commozione, mentre ti allontani da quel luogo di dolore riacquisti lucidità e non puoi fare a meno di porti delle domande: perché fu scelto quel posto? Perché se volevano colpire gli Uffizi non piazzarono l’autobomba proprio nel loggiato? Eppure nel ’93 non c’erano telecamere e soprattutto alle una di notte chi vuoi che avrebbe impedito il parcheggio ad un furgone imbottito di tritolo? Perché proprio davanti alla sede dell’Accademia dei Georgofili? Così come per le bombe del luglio dello stesso anno a Roma e Milano perché furono scelti determinati luoghi? Se è vero che la mafia voleva colpire il patrimonio artistico nazionale, e in particolare le principali opere d’arte, perché gli ordigni furono piazzati in modo tale che le stesse opere d’arte comparissero solo sullo sfondo, quasi come un obiettivo collaterale, in appena tre dei cinque episodi stragistici? Perché non si è indagato più a fondo sui messaggi che si volevano spedire con quelle esplosioni e non si è cercato i veri destinatari di quegli avvertimenti di morte? Ci hanno voluto far credere che la mafia fosse entrata in guerra contro lo Stato. Ma in realtà era una guerra contro lo Stato o una guerra dentro lo Stato? Come possiamo scordarci tutto quello che stava avvenendo in quegli anni? Tangentopoli, i suicidi eccellenti, i partiti travolti dalle indagini e quelli che miracolosamente ne uscivano più puliti di prima, il crollo del sistema politico nato al termine della II Guerra Mondiale, le riunioni sul panfilo Britannia tra la nuova classe dirigente italiana e i registi più o meno occulti della svolta liberista e privatistica dell’economia italiana, i governi tecnici succedutisi per un biennio e lo smantellamento dell’IRI, la morte di Falcone e Borsellino lasciati soli da quello Stato che avevano servito fedelmente fino all’ultimo giorno di vita. Gli attentati erano solo un colpo di coda di un’organizzazione malavitosa ferita per l’approvazione del regime carcerario del 41bis? Oppure erano avvertimenti ai nuovi poteri forti che si stavano appropriando della regia della politica italiana?E così mentre ti allontani da via Lambertesca e sei già in piazza Signoria le domande si accavallano, la voglia di sapere e di capire ti soffoca in quel groviglio di domande senza risposta e poi ripensi a quel fagottino bianco in braccio al vigile del fuoco, gli occhi ti si velano di lacrime e un groppo in gola ti strozza qualsiasi urlo di rabbia.Dio li stramaledica, chi è già dietro alle sbarre e chi invece tuttora se la ride libero e potente.
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